In merito al diritto d’autore

Come spesso accade, anche nell’ambito AIGC, si vocifera a vanvera in merito al diritto d’autore; tutti sappiamo che sia certamente un sistema nato originariamente per salvaguardare (giustamente) il diritto assoluto che un artista possa rivendicare verso terzi, sancendo “perlomeno moralmente” il diritto a una proprietà intellettuale ovvero la creazione personale di un artefatto di qualsiasi genere.

È ancora più tangibile ed evidente se l’artista classico crea opere attraverso le proprie capacità, di proprio pugno, usando le più disparate tecniche conosciute, quali pennelli, spatole, mani, parti del corpo ecc.; possiamo certamente affermare che sia un valore aggiunto innegabile che gli artisti possano esprimere, e io li stimo e apprezzo, da qualsiasi punto di vista, proprio per questo.

A mio avviso, la creazione di artefatti attraverso l’AIGC si pone al confine del dominio artistico, un limite raggiunto attraverso uno strumento che non è più il “pennello” ma una tastiera… il paradigma AI è una tela digitale che può davvero sorprendere che plasma spesso il pensiero della mente in opere straordinarie e uniche.

La reiterazione dell’input prompt, le correzioni semantiche e tecniche, l’ottimizzazione dei caratteri puntati per strutturare il paragrafo o il periodo sono di per sé azioni artistiche per il raggiungimento di un elaborato che rappresenti il gusto intimo dell’artista e il pensiero che vuole trasmettere; magari ne parleremo più avanti nel tempo per approfondire una questione, a mio avviso, fondamentale.

Per questo motivo direi che chi, per passione, curiosità o altro si cimenti in questo nuovo mondo possa a tutti gli effetti considerarsi uno pseudo-artista; l’artefatto prodotto è, di per sé, un’opera d’arte a tutti gli effetti.

Ma, tornando al concetto di copyright, tutti dovremmo sapere che nessuno dovrebbe avere il diritto “commerciale” di sfruttamento di un’opera senza permesso di usufrutto del medesimo, che non sia per diritto acquisito o gratuito, se non diversamente espresso dall’autore.

Di certo possiamo affermare che:

• “La proprietà intellettuale, intesa come diritto morale, di un’opera artistica è universalmente inalienabile”.
Non entriamo nel merito “tecnico” della questione perché (in sintesi) la legislazione internazionale cambia sia a livello globale che nazionale, ma sono abbastanza certo che il concetto espresso sia assolutamente inconfutabile.
• La proprietà intellettuale di un artefatto generato dall’AI non può essere di fatto a “uso commerciale per diritto acquisito” dell’azienda o servizio a pagamento che state utilizzando (mia opinione personale).
Con il trascorrere del tempo mi sono accorto che molte aziende eroganti servizi di questo tipo, vista l’assenza di normativa specifica, si sono inventate le più svariate idiozie sulle policy di utilizzo delle piattaforme e su “eventuali diritti esclusivi di usufrutto indiretto sugli elaborati”, in un certo senso intimando all’utenza (pagante) diritti che non hanno e legandoli alla possibilità di utilizzo o meno dei modelli AI secondo le regole erogate da loro (guardate bene i contratti sottoscritti per gli abbonamenti); non esiste cosa più falsa… direi anche stupida, da un certo punto di vista.
I servizi sono creati per generare un output sulla base di un input umano; è il servizio venduto che è nato così, il prompt è di proprietà dell’utente perché è generato da un’azione specifica voluta attraverso il pensiero (che sia una parola, un capoverso o un prompt di 2000 caratteri).
Nessuna azienda può arrogarsi diritti “commerciali indiretti” o imporre restrizioni su un eventuale utilizzo di un artefatto generato da un sottoscrittore di abbonamento.
Ma, come spesso accade, le stesse stanno correndo ai ripari per cercare di “specularci sopra in qualche modo”, forse perché i loro bilanci, con il trascorrere del tempo, non si sono dimostrati poi così floridi; quindi, se usate piattaforme in abbonamento, leggetevi i contratti, giusto per conoscenza personale: è evidente il da farsi in caso contrario.

Per concludere il discorso in generale, vi suggerirei di tenere sempre:

  1. Copia dell’artefatto originale, meglio se in PNG, in caso voleste venderlo.
  2. Alcuni affermerebbero che sarebbe opportuno tenere copia anche del prompt originale, ma, a mio avviso, la proposta ha poco senso perché un modello, a parità di prompt, tecnicamente non genererà mai un artefatto identico (è superfluo, ma fate voi).
  3. Cercate di creare artefatti con prompt dettagliati e ben strutturati; in un certo senso esiste una correlazione fra valore aggiunto dell’artista e complessità del prompt.
  4. Ricordatevi che, a parità di prompt, la reiterazione del medesimo è di per sé un’attività dell’artista che ha come obiettivo il raggiungimento di un elaborato “secondo il suo gusto, la sua sensibilità e i suoi desideri”.

Infine, vi suggerirei di considerare gli NFT come, di fatto, uno strumento che possa risolvere alcune potenziali dispute affrontate nel discorso in questione: il concetto è scrivere in una catena digitale qualcosa che a tutti gli effetti identifica un elemento unico, dandogli una proprietà contrattualizzata a tutti gli effetti perché a pagamento.
È un discorso che senza dubbio andrebbe approfondito in dettaglio, magari lo farò successivamente, ma il senso che mi preme esprimere è che se pago un servizio che mi permette di scrivere in una chain N mega in bits, per rendere un elemento digitale inalterabile nel tempo, penso possa essere un buon percorso da intraprendere, anche solo per curiosità personale.